In queste ore sta circolando l’ipotesi, presumibilmente contenuta in una bozza di decreto collegato alla Manovra, di un aumento del 30% dell’imposta di soggiorno nell’ambito del dibattito su una riforma più ampia di questo tributo locale.
“Una maggiorazione del 30% rappresenterebbe una vera batosta – chiosa la presidente di Confesercenti Lombardia Orientale, Barbara Quaresmini -. A livello nazionale il gettito supererebbe il miliardo di euro, e per la sola provincia di Brescia si tradurrebbe in un rincaro di oltre 4 milioni di euro l’anno. Una misura che rischia di frenare la domanda interna e di colpire uno dei settori trainanti dell’economia locale.”
Nel 2020 – l’anno della pandemia – le entrate turistiche del Bresciano erano state pari a 4,3 milioni di euro, diventate 13,48 milioni nel 2023, mentre nel 2024 sono lievitate a 14,3 milioni. In totale nei cinque anni (dal 2020 al 2024) presi in considerazione dalla elaborazione effettuata dal Centro studi enti locali su dati Mef, Banca d’Italia e Istat i Comuni bresciani hanno incassato 50,9 milioni di euro.
“L’aumento della imposta di soggiorno é un provvedimento assurdo – commenta Andrea Maggioni, coordinatore Confesercenti per il Lago di Garda– in un momento in cui la domanda turistica interna mostra segnali di rallentamento e il peso fiscale resta tra i più alti d’Europa”.
Una misura, questa, che colpisce proprio un territorio come quello bresciano, dove il turismo rappresenta una voce fondamentale del PIL locale con oltre 11 milioni di presenze turistiche nel 2024, di cui oltre il 65% straniere (fonte: Osservatorio Visit Brescia). Secondo le stime l’aumento del 30% dell’imposta di soggiorno comporterebbe un esborso aggiuntivo per i visitatori del territorio compreso tra i 4 e 4,3 milioni di euro annui, colpendo in particolare le aree a maggiore vocazione turistica come il Lago di Garda, la Valle Camonica e la città di Brescia.
“Una misura incomprensibile e controproducente – prosegue Quaresmini –, che grava ulteriormente sui visitatori e, inoltre, non prevede che il maggiore gettito venga reinvestito nel comparto turistico locale. L’imposta di soggiorno si trasforma così, di fatto, in una tassa sui turisti, un prelievo che rischia di penalizzare la competitività delle destinazioni”.
Tutto questo in un frangente in cui “la ripresa del turismo domestico resta fragile, nonostante la provincia di Brescia abbia registrato una stagione estiva positiva, trainata dal turismo internazionale e da eventi di rilievo come i grandi festival, il turismo outdoor e culturale. Inasprire la fiscalità in questo momento significa rallentare una crescita che va invece sostenuta” sottolinea Maggioni.
Il settore turistico, pur mostrando resilienza, necessita di investimenti strutturali: trasporti, infrastrutture digitali, promozione e qualità dell’accoglienza. Grazie al Codice Identificativo Nazionale (CIN) l’offerta ricettiva è oggi più trasparente e tracciabile, e il gettito dell’imposta di soggiorno è già in crescita spontanea. Non vi è dunque alcuna necessità di ulteriori aumenti.
“L’imposta di soggiorno era nata come imposta di scopo, destinata a finanziare investimenti turistici e progetti di valorizzazione dei territori – ricorda Quaresmini –. Serve trasparenza e una destinazione vincolata dei fondi, non un ulteriore aggravio fiscale.”
“In un contesto in cui il turismo bresciano contribuisce in modo significativo all’economia lombarda – con decine di migliaia di addetti diretti e indiretti e un impatto stimato di oltre 2 miliardi di euro – è necessario sostenere la competitività del sistema, non usarlo per fare cassa” conclude Maggioni.